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Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), X, 23
 
originale
 
23. Nec gravate magister meus voluptates ex eius arbitrio largiebatur partim mercedes amplissimas acceptando, raptim novum spectaculum domino praeparando. Incunctanter ei denique libidinis nostrae totam detegit scaenam. At ille liberto magnifice munerato destinat me spectaculo publico. Et quoniam neque egregia illa uxor mea propter dignitatem neque prorsus ulla alis inveniri potuerat grandi praemio, quae mecum incoram publicans pudicitiam populi caveam frequentaret. Eius poenae talem cognoveram fabulam. Maritum habuit, cuius pater peregre proficiscens mandavit uxoris suae, matri eiusdem iuvenis ? quod enim sarcina praegnationis oneratam eam relinquebat ? ut, si sexus sequioris edidisset fetum, protinus quo esset editum necaretur. At illa, per absentiam mariti nata puella, insita matribus pietate praeventa descivit ab obsequio mariti eamque prodidit vicinis alumnandam, regressoque iam marito natam necatamque nuntiavit. Sed ubi flos aetatis nuptialem virgini diem flagitabat nec ignaro marito dotare filiam pro natalibus quibat, quod solum potuit, filio suo tacitum secreto aperuit. Nam et oppido verebatur ne quos casu, caloris iuvenalis impetu lapsus, nescius nesciam sororem incurreret. Sed pietatis spectatae iuvenis et matris obsequium et sororis officium religiose dispensat et arcanis domus venerabilis silentii custodiae traditis, plebeiam facie tenus praetendes humanitatem, sic necessarium sanguinis sui munus adgreditur ut desolatam domus suae tutela receptaret ac mox artissimo multumque sibi dilecto contubernali, largius de proprio dotem, liberalissime traderet.
 
traduzione
 
Del resto il mio istruttore non aveva nulla in contrario ad elargirle a volont? di questi piaceri non solo perch? ne ricavava lauti guadagni ma anche perch? intendeva procurare al suo padrone uno spettacolo di nuovo genere. Infatti egli corse subito a descrivergli tutta la scena dei nostri amori e quello, ricompensato generosamente il suo liberto, dispose che io mi producessi in pubblico; ma poich? quella nobildonna non poteva prestarsi alla bisogna in quanto ne sarebbe andata di mezzo la sua dignit?, e non se ne trovava nessun'altra disposta a una simile prestazione, nemmeno a pagarla a peso d'oro, si ricorse a una povera disgraziata condannata alle belve su sentenza del governatore, che avrebbe dovuto prodursi con me nell'anfiteatro davanti a tutto il popolo. Ma ecco quello che seppi di costei e della sua condanna: Essa era maritata a un giovane il cui padre, partendo per lontani paesi, aveva raccomandato alla moglie, madre appunto del suddetto ragazzo, e che egli ora lasciava un'altra volta incinta, che se avesse dato alla luce una femmina avrebbe dovuto subito ucciderla. E proprio una femmina, infatti, nacque durante l'assenza del marito; ma la moglie seguendo l'istinto proprio di ogni madre, disobbed? a quell'ordine e affid? la piccola ad alcuni vicini perch? l'allevassero. Quando il marito torn? ella gli raccont? della femmina che era nata ma anche che l'aveva uccisa. Ma allorch? la ragazza giunse nel fiore degli anni, nel tempo in cui la giovinezza reclama uno sposo, la madre, naturalmente, non fu in grado, all'insaputa del marito, di darle una dote adeguata alla sua nascita e cos?, non potendo far altro, confid? al figlio il suo grande segreto; anche perch? temeva che questi, all'oscuro di tutto, giovane e ardente com'era, non mettesse puta caso gli occhi addosso alla sorella anch'ella ignara di ogni cosa. Il giovane, che era di buonissimi sentimenti, assolse scrupolosamente il suo dovere verso la madre e i suoi obblighi verso la sorella: custod? sotto il pi? sacro silenzio il segreto della sua famiglia e, mostrando all'apparenza d'essere spinto soltanto da un normalissimo sentimento di umanit?, fece ci? che il vincolo del sangue gli imponeva, cio? prese in casa, sotto la sua tutela, la povera fanciulla rimasta sola e senza l'appoggio dei genitori, le fece una ricca dote pigliando del suo e poi la diede in sposa a un carissimo e intimo amico.
 

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